10 dicembre 2011

Sul valore dei libri

Forse sono stata l'unica lettrice ad essere stata contenta, o sicuramente una delle poche, quando è passata la legge Levi, quella legge sul divieto di scontare i libri più del 15%. Era qualche anno che c'era questa moda delle case editrici di scontare i propri titoli, sicuramente per incentivare gli acquisti in tempi di crisi.
Ora, io sto sempre attenta ai prezzi in libreria, perchè se scegliessi a ruota libera dovrei accendere un mutuo, e perchè leggo tanto, ma tanto, e anche spendendo 10 € a libro, viene una cifretta. Sono anni che mi tengo lontana dai rilegati, prezzi inarrivabili, fascette entusiastiche e spesso autentici orrori. Comunque, giusto per dire che non sono milionaria, che sicuramente ho approfittato anch'io degli sconti, e in un certo qual modo gradivo questa catena di offerte, che iniziava da una casa editrice, e poi seguivano a ruota le altre, e insomma un paio di volte l'anno qualsiasi libro volessi lo trovavo scontato.
Allo stesso tempo però ho dovuto ammettere che questi sconti mi avevano rovinato la semplice gioia di andare in libreria a scegliermi un libro. Perchè, puntualmente, entravo con la voglia di un libro, ma vedendo che non era scontato e sapendo che di lì a poco lo sarebbe stato mi sentivo cretina a comprarlo sul momento, e lasciavo stare e compravo un altro libro che mi sconfinferava meno ma era in sconto, perchè, insomma, qui e ora, approfittiamone. Il risultato a lungo termine è stata una perenne discronia fra quello che volevo leggere e quello che compravo, e una serie di rimuginii sull'edizione dei libri, sui prezzi, sugli sconti, roba che entravo in libreria e mi sentivo una commercialista, e il libro che sceglievo, alla fine, era il fattore secondario. Compravo di più? Pensadoci bene, no.
Riflettendo poi su questi sconti, non mi sembrano neanche una cosa giusta. Perchè i libri non sono borse che passano di moda, o vestiti o scarpe, ma sono sempre gli stessi, il loro valore rimane inalterato nel tempo, e quindi non si capisce perchè il valore economico debba variare.
Il libro è uno di quei pochi oggetti il cui valore intrinseco culturale è, se non è un Moccia o altre corbellerie simili, infinitamente maggiore rispetto al valore materiale. "I miserabili", per esempio, lo comprate a 12 €, che è la stessa cifra che va via, tanto per dire, per 3 pacchetti di sigarette, o (di questo passo) 2 litri di benzina,  ovvero un valore economico risibile, rispetto alla quantità di ingegno e impegno che c'è voluto per scriverlo (e tradurlo), e al fatto che vi portate a casa un microcosmo, un capolavoro, uno spunto riflessivo pressochè infinito. E quindi, a fronte di un valore economico basso, vi ritrovate una ricchezza intellettuale inestimabile (sempre scegliendo il libro giusto, veh). Io, quando vedo (altro esempio) David Copperfield a 4,90€, mi prende il magone, ne comprerei 10 copie. Soprattutto se poi vado in banca e mi chiedono 6,50€ per un bonifico.
In una realtà economica in cui accade più spesso il contrario, ovvero che si paghino cifre esorbitanti per scemenze, mi sembra una follia svilire ulteriormente il valore del libro, e quindi sminuire l'opera intellettuale, in un circolo vizioso economico che spinge una corsa agli acquisti periodica grazie a prezzi svalutati che non garantiscono la sostenibilità del sistema. E niente, mi sentivo in dovere di scrivere questa tirata.

1 commento:

  1. Un' ottima tirata. Ragionando in questi termini quando si fanno acquisti, tutti insieme riusciremmo ad uscire da questo circolo vizioso di delirio economico. Gli sconti sono un' esca per topi.Avvelenata.

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