Il tema della paura, e quindi, della
crescita, affrontato attraverso gli occhi di un giovane che va alla
guerra, costretto quindi a disfarsi dei protettivi abiti infantili
per vestire quelli dell'adulto. Crane, ventiquattrenne quando scrisse
questo breve romanzo, ci mostra come questo passaggio non possa
essere indolore. In una spirale di dubbio, terrore, incertezza, il
giovane soldato si interroga sulle sue capacità e sulla sua possibilità
di sopravvivenza, confrontandosi con la solitudine e il rischio,
concreto, della morte. Metafora della vita in generale, il pezzo più
bello del libro è senz'altro il finale, quando di fronte alla tanto
temuta azione il giovane riesce finalmente a staccarsi dagli spettri
angosciosi della sua mente, ad agire, e a sopravvivere.
"Il segno rosso del coraggio" Stephen Crane“Era emerso dalle sue lotte con un'ampia simpatia per la macchina dell'universo. Coi suoi nuovi occhi, riuscì a vedere che i colpi segreti e palesi che venivano assestati per il mondo con tale abbondanza, erano in verità benedizioni. Era una divinità quella che gli stava attorno con il randello della correzione. Il suo irritante vociare contro quelle cose s'era chetato una volta che la tempesta era cessata. Non si sarebbe più rizzato su luoghi elevati e falsi ad accusare i pianeti lontani. Vide che, di fronte al sole, egli era sì minuscolo ma non irrilevante. Nello sconfinato turbinio degli eventi, un granello come lui non sarebbe andato perduto.
Con tale convinzione giunse una carica di fiducia. Sentì in sé una tranquilla virilità, non aggressiva ma di sangue forte e robusto. Capì che non avrebbe più avuto paura dinanzi alle sue guide, ovunque quelle indicassero d'andare. Era stato a contatto della grande morte e aveva scoperto che, dopo tutto, non era che la grande morte, ed era per gli altri. Era un uomo.”
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