24 giugno 2012

La luce sugli oceani

Scritto senza infamia e senza lode, è questo un romanzo che cerca di mettere in evidenza la zona grigia della morale, di ciò che può considerarsi bene e male, e soprattutto il groviglio inestricabile che confonde nella maternità l'amore e l'egoismo. Tocca con ambizione temi molto ambigui, ma il romanzo è molto leggero e si ha la sensazione di rimanere senza risposte di fronte a quesiti insondabili. L'aspetto romanzesco ha quindi la prevalenza sul dilemma morale e in conclusione non lascia granchè. ***/5

17 giugno 2012

Non è un paese per vecchi


Io questo libro proprio non l'ho capito. Mi spiego: non ho capito perchè è considerato da molti così bello. Ne hanno fatto addirittura un film, e non i primi registi che capitavano, i fratelli Coen! Mah.
Leggo le entusiaste recensioni di rispettabilissimi lettori che immagino miti e pacati, gli ultimi che ci si immaginerebbe immersi con piacere nella lettura di stragi e ondate di sangue. Io rimango attonita. Alcuni asseriscono di aver trovato in questo romanzo anche della poesia. Tutto ciò mi sfugge.
Perchè questo romanzo non è altro che una successione continua di cadaveri in una sperduta, sporca e polverosa landa americana. La maggior parte di questi cadaveri devono il loro poco invidiabile stato ad uno psicopatico armato di pistola ad aria compressa (ché una pistola normale non faceva abbastanza impressione, eh). Questo tizio, inspiegabilmente descritto dall'autore in maniera piuttosto gustosa -riguardo improprio visto, come ho già detto, che è un assassino psicotico- è una via di mezzo fra Terminator e un cow boy dall'aria spenta e bovina. Alterna attimi di quasi genio con momenti di ottundimento macellaio. Parla (quando lo fa) alla maniera dei brutti film western, e sottopone le sue vittime a divertenti (per lui) indovinelli per verificare se il fato è concorde con la propria idea di sparargli in mezzo agli occhi. Posso dire, in tutta onestà, che è uno dei più brutti personaggi che infestano la letteratura.

15 giugno 2012

Suo marito


Bel romanzo di Pirandello che si addentra - si dice, prendendo spunto dalla vita di Grazia Deledda - in una moderna riflessione sulla conciliabilità , per una donna, della vita professionale e familiare, e dell'inevitabile ribaltamento dei ruoli maschili e femminili all'interno della famiglia. Silvia Roncella, protagonista del romanzo, è una talentuosa scrittrice: il marito la incita pertanto a staccarsi dai limitati orizzonti di una piccola cittadina come Taranto e di buttarsi nella vita letteraria romana. Silvia è però una donna molto schiva e scarsamente ambiziosa: la scrittura le viene semplice e ispirata solo vivendola in privato e senza pressioni esterne. Il marito, nel frattempo, si dedica all'attività mercenaria di far fruttare ciò che la moglie scrive, e si preoccupa di tessere quegli indispensabili appigli sociali che la moglie rifiuta. Nella coppia si viene inevitabilmente ad instaurare una trama di recriminazioni e complessi di ruolo. Giustino, il marito, soffre della subordinazione rispetto alla moglie (gli amici lo prendono in giro chiamandolo col cognome della moglie), e tenta di compensare il complesso dando rilevanza alla sua attività, non creativa ma remunerativa. Allo stesso tempo, butta sulle spalle della moglie la responsabilità della sua attuale posizione (ha lasciato un lavoro sicuro per curare i suoi interessi letterari) e la pressa a scrivere.
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