17 giugno 2012

Non è un paese per vecchi


Io questo libro proprio non l'ho capito. Mi spiego: non ho capito perchè è considerato da molti così bello. Ne hanno fatto addirittura un film, e non i primi registi che capitavano, i fratelli Coen! Mah.
Leggo le entusiaste recensioni di rispettabilissimi lettori che immagino miti e pacati, gli ultimi che ci si immaginerebbe immersi con piacere nella lettura di stragi e ondate di sangue. Io rimango attonita. Alcuni asseriscono di aver trovato in questo romanzo anche della poesia. Tutto ciò mi sfugge.
Perchè questo romanzo non è altro che una successione continua di cadaveri in una sperduta, sporca e polverosa landa americana. La maggior parte di questi cadaveri devono il loro poco invidiabile stato ad uno psicopatico armato di pistola ad aria compressa (ché una pistola normale non faceva abbastanza impressione, eh). Questo tizio, inspiegabilmente descritto dall'autore in maniera piuttosto gustosa -riguardo improprio visto, come ho già detto, che è un assassino psicotico- è una via di mezzo fra Terminator e un cow boy dall'aria spenta e bovina. Alterna attimi di quasi genio con momenti di ottundimento macellaio. Parla (quando lo fa) alla maniera dei brutti film western, e sottopone le sue vittime a divertenti (per lui) indovinelli per verificare se il fato è concorde con la propria idea di sparargli in mezzo agli occhi. Posso dire, in tutta onestà, che è uno dei più brutti personaggi che infestano la letteratura.

Il problema dei dialoghi persiste anche negli altri personaggi, che pronunciano frasi che Clint Eastwood non arrischierebbe; solo a leggerle paiono assurde, a sentirle pronunciate è meglio non pensarci.
Insomma, per quanto mi riguarda, lo definirei uno dei libri più brutti che abbia mai letto. Occhio, però, che a molti è piaciuto. Boh.
"Non è un paese per vecchi" Cormac McCarthy, trad. M. Testa, Einaudi, 12 €



2 commenti:

  1. Ciao! Sono capitata sul tuo blog da Anobii e ho letto con piacere questa recensione. Questo romanzo mi è capitato tra le mani qualche mese fa ed era il mio primo McCarthy. S'è lasciato leggere ma non ha impressionato più di tanto. Più che altro mi ha lasciato un senso di vuota ripetitività: stanza d'hotel... descrizione asciutta di ogni piccola azione... spostamento... altra stanza d'hotel...
    I dialoghi soprattutto mi hanno sorpreso! Avevo sentito osannare McCarthy per i suoi dialoghi asciutti; a me sono sembrati dialoghi da cerebrolesi, con i personaggi che più della metà delle volte riprendono le tre parole appena dette dal loro interlocutore. Ma forse sono io che non comprendo l'arguzia mah!

    Mu

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  2. Anche per me le lodi sperticate di cui gode questo libro sono un mistero incomprensibile. A distanza di un paio di mesi dalla lettura mi sto scordando molto del romanzo, ma un pezzo di dialogo m'è rimasto in mente - dialoghi, hai pienamente ragione, da cerebrolesi - , cioè quando il tizio che trova i soldi scappa da casa sua e lascia lì la moglie, che, poveretta, gli chiede dove sta andando. Il dialogo era più o meno così:
    Moglie: dove vai?
    Marito in fuga: da mia madre
    moglie: ma se è morta!
    marito: ah già.
    E il tutto, assai poco verosimilmente, finiva lì. Scene del genere me le aspetterei soltanto in un film demenziale o giù di lì...

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