18 luglio 2012

Scopri le differenze

Ufficiali della milizia senza un'ombra di scienza militare; ufficiali navali senza alcuna idea d'una nave, ufficiali civili senza alcuna nozione degli affari; ecclesiastici dalla faccia di bronzo, della peggiore mondanità terrena, dagli occhi sensuali, dalla lingua licenziosa e dalla vita ancora più licenziosa; tutti assolutamente incapaci nelle loro varie professioni, e tutti perfidamente menzogneri nel dir di conoscerle, ma tutti più o meno dello stesso ordine di monsignore e perciò appollaiati su tutti i pubblici impieghi dai quali c'era da strappar qualcosa: di questi ce n'erano da contare a dozzine e dozzine. Le persone senza alcun legame immediato con monsignore o con lo Stato, ed ugualmente sciolte da qualche cosa di concreto o da una vita che mirasse per la retta via a un fine utile, erano ugualmente numerose. Dottori che accumulavano ricchezze spacciando miracolosi rimedi per malattie fantastiche non mai esistite sorridevano ai loro nobili malati nelle anticamere di monsignore. Progettisti, che avevano scoperto ogni specie di rimedi per i piccoli malanni da cui era afflitto lo Stato, tranne il rimedio di mettersi a lavorare sul serio a estirpare un unico peccato, riversavano le loro folli ciance nelle orecchie di chiunque venisse loro a tiro, al ricevimento di monsignore. Filosofi increduli, che stavano rimodellando il mondo con le chiacchiere e costruendo torri di Babele di carta con cui scalare i cieli, cicalavano, in quella meravigliosa assemblea raccolta da monsignore, con i chimici increduli che si occupavano della trasformazione dei metalli. Squisiti signori della più bella razza che fosse nota a quel tempo - come anche dopo - per la sua indifferenza verso ogni argomento d'interesse umano, erano, nel palazzo di monsignore, nel più perfetto stato di esaurimento. E quei vari grandi personaggi del bel mondo parigino erano partiti da case così fatte, che - fra i devoti raccoltisi per l'adorazione di monsignore - le spie, le quali formavano una buona metà della magnifica riunione, avrebbero trovato difficile scoprire fra gli angeli di quella sfera una moglie solitaria che, nei suoi modi e nel suo aspetto, confessasse di essere una madre. Anzi, tranne per il semplice atto di dare al mondo una fastidiosa creatura, una cosa simile era ignorata dalla moda. I bimbi, andati giù di moda, erano tenuti dalle contadine che li allevavano, e nonne affascinanti di sessant'anni vestivano e frequentavano le feste come a venti. La lebbra dell'irreale sfigurava ogni creatura umana del seguito di monsignore. (...) Ma la gran consolazione era che tutta l'assemblea, nel gran palazzo di monsignore, era vestita perfettamente. Se si fosse potuto avere la certezza che il giorno del giudizio sarebbe stato un giorno di gala, tutti si sarebbero presentati eternamente corretti. [pgg. 120-121]
"Le due città" Charles Dickens, trad. di Silvio Spaventa Filippi, Newton & Compton

14 luglio 2012

Ritorno dall'India


Questo è un romanzo di minuzie, di piccole cose. La scrittura di Yehoshua indugia su ogni tazza di tè bevuta dal protagonista (all'inglese, col latte), su ogni pensiero, su ogni gesto, su ogni sensazione. Questo metodico indugio in tutti i particolari rende la narrazione inevitabilmente piuttosto lenta, ma fa sì anche che si crei una speciale intimità con ogni personaggio, e alla fine ci si lascia trasportare dal racconto -è vero: senza troppe emozioni- con affettuosa curiosità e con leggera sorpresa per la minuziosa lucidità di un mondo così caratteristico che occorre ricordarsi essere comunque solo narrativo e quindi inventato. Questa partecipazione è tuttavia puramente "esteriore", perchè difficile è l'immedesimazione nei capricci sentimentali del protagonista (un alone di mistero rimane, inevitabilmente, sull' inspiegabile passione per Dori) e sulle sue tortuose reazioni (il matrimonio con Michaela appare, nonostante tutte le spiegazioni, un po' forzato). Benjamin, il protagonista, non è certo un uomo dalla morale virtuosa, ma la totale nudità in cui lo lascia la puntigliosa narrazione ce lo rende, se non comprensibile - quale uomo ci appare pienamente comprensibile? - almeno indulgentemente umano. Le cornici simboliche e metafisiche all'inizio dei capitoli mi sono risultate, lo ammetto, praticamente incomprensibili, oltre che irritanti nella loro vaporosità.
Il romanzo procede in questo ozioso ritmo narrativo - Yehoshua si concede anche divagazioni nel campo della fisica, sull'origine dell'universo, riflessioni sulla religione - in un piacevole chiacchiericcio quando, bruscamente, giunge il finale, inspiegabile quanto improvviso e, ahimé, la sensazione è nettissima: Yehoshua si era rotto le scatole di scrivere.
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