14 luglio 2012

Ritorno dall'India


Questo è un romanzo di minuzie, di piccole cose. La scrittura di Yehoshua indugia su ogni tazza di tè bevuta dal protagonista (all'inglese, col latte), su ogni pensiero, su ogni gesto, su ogni sensazione. Questo metodico indugio in tutti i particolari rende la narrazione inevitabilmente piuttosto lenta, ma fa sì anche che si crei una speciale intimità con ogni personaggio, e alla fine ci si lascia trasportare dal racconto -è vero: senza troppe emozioni- con affettuosa curiosità e con leggera sorpresa per la minuziosa lucidità di un mondo così caratteristico che occorre ricordarsi essere comunque solo narrativo e quindi inventato. Questa partecipazione è tuttavia puramente "esteriore", perchè difficile è l'immedesimazione nei capricci sentimentali del protagonista (un alone di mistero rimane, inevitabilmente, sull' inspiegabile passione per Dori) e sulle sue tortuose reazioni (il matrimonio con Michaela appare, nonostante tutte le spiegazioni, un po' forzato). Benjamin, il protagonista, non è certo un uomo dalla morale virtuosa, ma la totale nudità in cui lo lascia la puntigliosa narrazione ce lo rende, se non comprensibile - quale uomo ci appare pienamente comprensibile? - almeno indulgentemente umano. Le cornici simboliche e metafisiche all'inizio dei capitoli mi sono risultate, lo ammetto, praticamente incomprensibili, oltre che irritanti nella loro vaporosità.
Il romanzo procede in questo ozioso ritmo narrativo - Yehoshua si concede anche divagazioni nel campo della fisica, sull'origine dell'universo, riflessioni sulla religione - in un piacevole chiacchiericcio quando, bruscamente, giunge il finale, inspiegabile quanto improvviso e, ahimé, la sensazione è nettissima: Yehoshua si era rotto le scatole di scrivere.

"Ritorno dall'India" Abraham Yehoshua, Einaudi, € 13,50 ***/5

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