21 febbraio 2012

Il falò delle vanità

Successo degli anni '80, è interessante leggere questo romanzo ad un trentennio di distanza, quando, purtroppo, gli effetti di tutti i problemi del sistema economico sono saliti agli onori della cronaca.
Sherman McCoy è un uomo "di successo": ha una moglie (rinsecchita come detta la moda), una figlia, vende obbligazioni guadagnando un milione di dollari l'anno e vive in una casa da sogno in Park Avenue.
Come nelle migliori parabole, però, è inconsapevolmente infelice. Vive in ufficio, la moglie esprime tutta la vacuità di cui è sotto sotto terrorizzato. Conseguenza più banale: ha l'amante, una giovane italiana sposata ad un 71enne milionario.

Un giorno, andando a prendere la suddetta in aereoporto, viene coinvolto nell'incidente che stravolgerà la sua vita. Maria, alla guida per scappare da un probabile tentativo di furto, investe un ragazzo di colore, senza fermarsi a prestare soccorso.
Sherman, abituato ad agire in astratto, a parlare al telefono, a vendere cose immateriali, a misurare il suo successo attraverso speculazioni dettate da cifre al computer, si trova a dover affrontare una situazione reale.
Una guerra vera e propria, visto che entrano in gioco interessi di parti opposte e argomenti come il razzismo, il potere dell'opinione pubblica e di chi ha i mezzi per maniporla, gli interessi politici.
I capitoli sulle feste mondane dell'alta società esprimono con grande lucidità l'ossessione per il culto dell'apparire.
"Il falò delle vanità" Tom Wolfe

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