21 ottobre 2012

Le due città


Altro capolavoro dickensiano: le due città di cui si narra sono Londra e Parigi, nel periodo immediatamente precedente la rivoluzione francese e il periodo successivo, quello del terrore. Scordatevi le nitide differenze morali dei personaggi, a cui Dickens ci ha abituati in molti altri romanzi. In questo non esistono contorni netti: gli accusati sono a loro volta accusatori, gli oppressi sono anche  gli assassini, gli oppressori le vittime. Solo la buona Lucia Manette è esente da questi dualismi. Quello che fa Dickens in questo romanzo è delineare con lucidità la genesi e il compimento della rivoluzione. Come tutti i dualismi, le due metà sono inseparabili; tutte e due sono fatte degli stessi "materiali". La violenza genera violenza, e la vendetta non è meglio dell'oppressione, seppur animata da ideali profondi. La Francia, aspirante Repubblica, diviene così la Repubblica della libertà, dell'uguaglianza, della fratellanza quanto la Repubblica della crudeltà, della violenza, della morte. Personaggi che all'inizio ci vengono presentati con simpatia, i coniugi Defarge, divengono nel corso della rivoluzione la peggior maschera d'odio e di brutalità, in nome della vendetta, che pure è un altro personaggio soprannominato proprio così, con la v maiuscola, amica di Madama Defarge e altrettanto spietata, e non si può fare a meno di chiedersi chi sarà a chiedere vendetta per la Vendetta. Madama Defarge è probabilmente uno dei personaggi più inquietanti mai usciti dalla penna di Dickens: il suo lavorio continuo ai ferri, attività solitamente femminile e rassicurante, diviene l'incancellabile testimonianza della memoria, ma in questo romanzo le anime buone sono quelle che dimenticano, e che lasciano al passato ciò che è passato.
"Le due città" Charles Dickens *****/5

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