23 gennaio 2012

Le intermittenze della morte

Romanzo che sembra scritto a due riprese: la prima parte, fantasia socio-politico-religiosa di uno stato in cui non muore più nessun essere umano. L'argomento è interessante, ma viene dipanato in fretta in una trama che vorrebbe essere romanzesca ma mantiene le distanze di un saggio, come uno scienziato che guarda in un microscopio: superato il divertimento per l'assunto iniziale (la morte che va in vacanza) l'esperimento non riesce, e ci si annoia un po'.

La seconda parte sposta la visuale dal generale al particolare, occupandosi della storia di un violoncellista che dovrebbe morire, ma a cui la morte non riesce a recapitare la lettera d'avviso. La morte deciderà quindi di andare a chiarire, sotto spoglie umane (femminili, naturalmente), cos'abbia di particolare quest'uomo che non può morire. Finirà per innamorarsene.
Ok, la trama sarà banale, non saranno spiegate le motivazioni, non c'è un vero e proprio finale, ma questa seconda parte è la migliore del romanzo: ha del romanticismo e delle atmosfere estremamente definite, fredde ma vive, col sottofondo gradevolissimo della passione per la musica.
E' un libro un po' stanco, diseguale e discontinuo: non è certamente il miglior Saramago.
"Le intermittenze della morte" José Saramago, Einaudi ***/5

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