24 novembre 2011

Lettera al padre

Certo, era una bimba così maldestra, stanca, paurosa, infastidita, afflitta dai sensi di colpa, esageratamente umile, cattiva, pigra, golosa, avara, che non la potevo vedere, tanto mi ricordava me stesso.
...si è secondo me raggiunto un qualcosa di così vicino alla verità che un pochettino può tranquillizzarci entrambi e renderci più facile il vivere e il morire.
Impossibile non chiedersi, leggendo Kafka, da dove derivino quelle atmosfere opprimenti, quei personaggi angoscianti, quella solitudine, quell'incomprensione onnipresente. Leggendo questa terribile lettera, le opere narrative di Kafka appaiono come tante variazioni del medesimo disagio, che nella scrittura trova sfogo e trascende dalla realtà circostritta che l'ha generato - la famiglia - per invadere tutta la società. E' una lettera terribile perchè testimonianza del conflitto fra un padre e un figlio, così diversi, ma incapaci di ignorarsi a vicenda appunto perchè, nei ruoli, perfettamente complementari. Il padre grosso, collerico, sboccato, sicuro, il figlio mingherlino, timido, sottomesso, cedevole, irresoluto.
E' un dolore perchè sembra che l'arte necessiti, per arrivare a certi livelli, di un profondo terreno di infelicità in cui prosperare, e quel gusto che si prova quando si legge un capolavoro, come "Il processo", sembra improvvisamente un piacere non regalato, con un retrogusto amaro.
"Lettera al padre" Franz Kafka, Newton Compton, 5 €

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