20 gennaio 2012

La strada di Swann

Un uomo che dorme, tiene intorno a sè in cerchio il filo delle ore, gli ordini degli anni e dei mondi. Li consulta istintivamente svegliandosi e vi legge in un attimo il punto della terra ch'egli occupa, il tempo che è trascorso fino al suo risveglio; ma i loro giri possono confondersi, spezzarsi. Quando, verso il mattino, dopo un po' d'insonnia, lo colga il sonno mentre sta leggendo, in una posizione troppo diversa da quella in cui dorme abitualmente, basta un suo braccio levato per fermare e fare indietreggiare il sole, e al primo attimo del risveglio, non saprà più l'ora, penserà d'essersi appena coricato.
(...) Ma bastava che, nel mio letto, il mio sonno fosse profondo e portasse a una piena distensione la mia ragione; allora questa abbandonava la zona del luogo dove m'ero addormentato, e quando mi svegliavo nel cuore della notte, come ignoravo dov'ero, così neppure sapevo a primo momento chi io fossi; avevo appena nella sua primitiva semplicità il senso dell'esistenza quale può fremere nel fondo di un animale; ero più spoglio dell'uomo delle caverne; ma allora il ricordo - non ancora del luogo dov'ero, ma di alcuni di quelli che avevo abitato e dove avrei potuto essere - veniva a me come un soccorso dall'alto per trarmi dal nulla donde non avrei potuto uscire da solo; in un attimo passavo sopra secoli di civiltà, e le immagini intraviste confusamente, di lampade a petrolio, poi di camicie col colletto rivoltato, a poco a poco ricomponevano i tratti originali del mio io. 
Forse l'immobilità delle cose intorno a noi è loro imposta dalla nostra certezza che sono esse e non altre, dall'immobilità del nostro pensiero di fronte a loro. Ma è certo che, quando mi svegliavo così, mentre l'essere mio s'agitava per cercar di sapere dov'ero, senza riuscirvi, tutto girava intorno a me nel buio, le cose, i paesi, gli anni. [pg 11-12]
"La strada di Swann" Marcel Proust, trad. Natalia Ginzburg

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